Degustare il tempo: la famiglia Conti in 20 annate di Boca

Degustare il tempo: la famiglia Conti in 20 annate di Boca

«Una volta, qui, erano tutte vigne» vi dice il vecchietto che avete incontrato per caso sul piazzale del Santuario di Boca. Distogliete lo sguardo da una delle opere meno riuscite dell’Antonelli, lo posate sul panorama circostante, fitto di bosco e vegetazione, e lo guardate quasi con compatimento, pensandolo completamente tocco. Poi, in un bar della zona, vi imbattete in una foto degli anni ’30: una veduta aerea del santuario completamente circondato dagli “ubertosi vigneti”.
Il vecchietto, memoria storica, vi aveva detto il vero.

La storia del Boca è questa. Dei quasi 10mila ettari vitati che ne costituivano l’area, negli anni ’90 ne rimanevano 10, ora per fortuna risaliti a 30. L’industrializzazione e la crescita del comparto tessile hanno sottratto uomini e forze alla vitivinicoltura e in pochissimo tempo il bosco si è letteralmente mangiato tutto. Oggi bisogna cercarle, le vigne, sparse nei 5 comuni (in rigoroso ordine alfabetico: Boca, Cavallirio, Grignasco, Maggiora, Prato Sesia) che racchiudono la denominazione. Ed è ricerca faticosa, come faticosa è stata l’opera di chi ha deciso di ristrapparle al bosco.

Se Christoph Künzli, rilevando vigne e cantina che furono di Antonio Cerri, ha il merito di aver rilanciato il Boca e di aver fatto da apripista per un manipolo di giovani che hanno deciso di riappropriarsi della tradizione e della cultura vitivinicola della zona, ci sono però personaggi e aziende che hanno continuato la tradizione o hanno creduto in questo vino in tempi non sospetti. Tra questi Ermanno Conti, che nel 1963, a Maggiora, fonda l’azienda Cantine del Castello.

Sono proprio le tre sorelle Conti – Paola, Anna ed Elena, eredi e continuatrici del lavoro iniziato da loro padre – che hanno voluto celebrare i cinquant’anni dell’azienda organizzando una verticale di venti annate del loro Boca, dal 2008 al 1984. “Degustare il tempo”: il titolo, affascinante e stimolante, porta in se anche quel timore reverenziale che si ha quando si incontrano vini con tanti anni di bottiglia alla spalle. Unita, c’è l’emozione di assaggiare vini e bottiglie ripensando a come si era in quell’anno, cosa si stava facendo, cosa succedeva nel mondo. È una delle tante magie del vino, bevanda che resiste al passaggio degli anni (e degli uomini) continuando a raccontare storie e anche a stupire.

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Pochissime note tecniche. I vigneti sono a Maggiora: un solo ettaro, impiantato nel 1973 e suddiviso nelle due parcelle “Motto grande” (con oltre il 70% del suolo costituito da sabbia) e “Cappelle”. Il vino è composto per il 75% da nebbiolo, per il 20% da vespolina e per il 5% da uva rara. Le uve vengono raccolte separatamente. La fermentazione si avvale di soli lieviti indigeni e viene svolta in tini d’acciaio. Dopo circa 20/25 giorni di macerazione, il vino viene trasferito e lasciato maturare in botti di legno per tre anni, a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia. Dalla vendemmia 1996 il Boca di casa Conti esce con la nuova etichetta “il rosso delle donne”, opera dell’artista veneziano Oreste Sabadin.

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Degustare e raccontare venti grandi vini a base nebbiolo non è impresa facile, soprattutto quando si hanno davanti dei vini dal naso “verticale” come il Boca, che sussurrano anziché urlare, ricamati all’uncinetto anziché sgrezzati con l’accetta. Vini che al palato esprimono acidità e soprattutto sapidità (che poi si traduce in grande piacevolezza di beva) e che non insistono sulla potenza (anche in annate calde e rischiose come la 2003). Ma ancor più difficile (e pure noioso, ammettiamolo) è leggere righe e righe di degustazione relative a un vino che non si è assaggiato. È questa la ragione per cui di seguito troverete poche impressioni, magari anche solo un aggettivo o una suggestione, per ciascuno dei vini degustati. Non è difficile (e neanche troppo dispendioso) assaggiare e bere questi vini e queste annate, visto che in zona – anche presso altri produttori – si trovano ancora bottiglie degli anni ’80 o addirittura più vecchie. Per regalarsi un’emozione che le parole non potrebbero raccontare.

2008
Ancora acerbo. Fresco e agrumato, sapido e scalpitante di tannino.

2007
Esplicativo. Minerale e terroso senza disdegnare piacevolezze fruttate. Sapido e longilineo.

2006
Robusto e tannico. Un nebbiolo che richiama la Langa pur esprimendo il territorio con naso di rosa e cenere.

2005
Elegante e gustoso. Un merletto minerale su cui si adagiano fiori secchi, erbe aromatiche, frutta ancora fresca, cereali.

2004
Naso enciclopedico e ancora vibrante, sebbene già verso la terziarizzazione. Il tannino spinge e sostiene una bocca ricca, quasi grassa.

2003
Impeccabile e leggiadro. Tè bianco, frutta esotica, fichi freschi. Guizzante e sapido.

2000
Rarefatto, ferroso e balsamico. Esile ma scattante. Sapidità al limite del salmastro.

1998
Naso scuro, vegetale e balsamico. In bocca è piacevole, ma ha perso lo smalto dei giorni migliori. Se ne avete ancora in cantina bevetelo!

1997
Il più internazionale (meglio, il meno territoriale) del lotto. Caramella mou e affumicature. Bocca tosta anche se non lunghissima.

1996
Naso dominato dal bosco: tartufo, fungo, humus. Fresco e teso, con tannino ancora fulminante.

1994
Eleganza timida di potpourri, agrumi, pietra. In bocca è ancora scattante, ma preciso nel richiamare le sensazioni del naso.

1993
Naso un po’ stanco: tamarindo, sentori balsamici, lattici ed ematici. Più convincente in bocca, dove è gustoso e discretamente persistente.

1991
Spiccano le note minerali e ferrose, ma c’è tanta altra roba: frutta ancora fresca, agrumi, spezie. Nordico e austero, equilibrato e buonissimo.

1990
Ha la sfortuna di arrivare dopo uno strepitoso 1991. Naso pulito e fresco. anche se non esplosivo. Bocca in perfetta armonia.

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1989
Gli appunti debordano di punti esclamativi. Sfaccettato e interminabile, declina un profumo dopo l’altro: iodio, pietra, rooibos, liquirizia, agrumi… In bocca è fresco e sontuoso. Irresistibile.

1988
Una bottiglia non in formissima, con qualche nota ossidativa. Meno fresco dei precedenti sia olfattivamente sia in bocca, dove meriterebbe più acidità.

1987
Inizia vegetale (peperone, ma anche salvia, lavanda e melissa) ma cresce in eleganza: assenzio, i “soliti” agrumi, frutta secca. Vellutato e gustosamente sapido.

1986
L’eleganza minerale è annebbiata da note ossidative. C’è ancora la freschezza, manca la persistenza. Confuso.

1985
Giovane, elegante, paradigmatico. Mineralità contornata da fiori, menta, sidro, spezie, tabacco, cenere. Bocca nobile di tannino e freschezza.

1984
Ancora in formissima e spiccatamente floreale. Pungente di spezie e con tenue merletto minerale. Saporito, teso, profondo.

 

 

 

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