Canada, lontano dagli stereotipi

Canada

L’immaginario del Canada è fatto di grandi foreste, freddo, sciroppo d’acero, birra, orsi, salmoni e partite di hockey su ghiaccio. E per i sommelier Canada vuol dire icewine.

Viaggiando per due settimane ho visto le grandi foreste, ho mangiato salmone, ho assistito a una partita di hockey (in un pub, ma vale lo stesso), ho fatto più volte colazione con lo sciroppo d’acero. In compenso non ho visto nessun orso e non ho avuto troppo freddo. Ma soprattutto ho assaggiato (ma anche bevuto) dei gran bei vini. E pochi erano icewine.

 

Un po’ di nozioni, prima di incominciare

Il Canada è una monarchia parlamentare e, sebbene abbia ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1982, la Regina Elisabetta d’Inghilterra continua ad essere formalmente il Capo dello Stato e ad avere la sua faccia stampata sulle banconote.

Organizzato da un sistema federale, che prevede la divisione in 10 provincie e 3 territori, con una superficie che sfiora in 10 milioni di chilometri quadrati, è la nazione più estesa del Nordamerica, e lungo i suoi 5 fusi orari il paesaggio varia notevolmente, passando dalle isolette dell’Artico ai grandi laghi che costellano parte del confine con gli USA. Tanta pianura, due grosse catene montuose e soprattutto moltissima acqua, con i (tanti) laghi a farla da padrone.

Gli abitanti invece sono relativamente pochi: meno di 34 milioni di persone, che risiedono prevalentemente nella zona sud del paese. Di questi un terzo è concentrato nelle due maggiori città: Toronto e Montréal.

Il Canada e il vino

Sfatiamo il primo luogo comune. I canadesi bevono sì molta birra, ma non disdegnano affatto il vino. Anzi. Al ristorante accompagnare il pasto bevendo vino è prassi comune e molti locali permettono anche ai clienti di portare la bottiglia da casa, provvedendo senza problemi alla stappatura e al servizio. Le carte dei vini sono generalmente interessanti e prevedono anche il consumo di vino a bicchiere, ma purtroppo si fanno notare per i prezzi piuttosto elevati.

E anche nelle enoteche la gente non manca. Sia in Québec sia in Ontario – le provincie che ho visitato – la vendita del vino è controllata da due enti che hanno il monopolio e gestiscono tutti i punti vendita di alcolici. In Québec troviamo la SAQ (Société des Alcools du Québec), mentre il suo corrispettivo in Ontario è l’LCBO (Liquor Control Board of Ontario). L’offerta è ampia, con qualche differenza. I prezzi praticati dall’LCBO sono leggermente inferiori a quelli della SAQ, e se nei punti vendita del Québec i vini canadesi fanno apparizioni a dir poco sporadiche, i negozi gestiti dall’LCBO dedicano ai vini nazionali una generosa porzione dei loro scaffali.

lcbo

Cosa si vende nelle enoteche canadesi? Tanta Francia, e non solo nel francofono Québec. Bordeaux fa la parte del leone, ma si trovano anche tanta Borgogna e delle belle referenze di Champagne, Rodano e Alsazia. Gran spazio per il nuovo mondo: una buona percentuale di California e poi Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica e un po’ di Cile e Argentina. Ma c’è anche tanta Italia, probabilmente per l’influenza della comunità dei nostri connazionali, numerosa e forte. Italia vuol dire prevalentemente – in rigoroso ordine di presenze numeriche – Toscana, Veneto e Piemonte, con grossi nomi ma anche con bottiglie che definirei imbarazzanti (ma consoliamoci, anche sugli scaffali dedicati ai francesi ci sono numerose cadute di stile).

I prezzi sono interessanti, e i vini italiani constano mediamente il 10/15% in più rispetto a quello che li si paga da noi.

Una precisazione è doverosa. In Canada i vini si dividono in table wine e in icewine. Se la seconda menzione è chiara, la sprima può indurre in errore il consumatore straniero: non si tratta dei nostri vini da tavola bensì semplicemente di tutti i vini che non sono icewine, quindi vino bianchi e rossi fermi ma anche spumanti, ma non dolci.

 

Le zone di produzione

Niagara Peninsula Bench Map

Ma il Canada produce anche vino, in 4 zone distinte: British Columbia (3.946 ha), Nova Scotia (225 ha), Québec (810 ha) e Ontario (6.050 ha).

In Ontario e in British Columbia, le due regioni più importanti, troviamo un sistema di denominazione di origine, analogo alle nostre DOC o alle AOC francesi. La VQA – Vintners Quality Alliance – nasce nel 1988 in Ontario e nel 1990 in British Columbia. In Ontario sono state identificate 4 zone regionali (Niagara Peninsula, Lake Erie North Shore, Pelee Island, Prince Edward County) e 10 sottozone, tutte nella penisola del Niagara. In British Columbia abbiamo invece 5 zone: Okanagan Valley, Similkameen Valley, Fraser Valley, Vancouver Island, Gulf Islands.

Prima di passare a un’analisi un po’ più approfondita del Québec e soprattutto dell’Ontario, due parole sulle altre zone.

La Nova Scotia è la regione vitivinicola più settentrionale del Canada. Le vigne sono concentrate nella Annapolis Valley, non lontana dallo stretto di Northumberland. A causa delle avverse condizioni climatiche e del clima rigido, le varietà utilizzate sono prevalentemente quelle ibride, più resistenti al freddo. Da qualche anno si stanno iniziando a produrre anche vini spumanti. In questo caso mi fermo alla sola teoria, visto che non ho avuto modo di assaggiare nulla proveniente da questa regione.

Il British Columbia – siamo sulla costa sudoccidentale del paese – contende all’Ontario il primato della produzione. Il territorio è caratterizzato da grandi differenze paesaggistiche e climatiche, con l’influsso dell’Oceano, grandi catene montuose e zone desertiche. Siamo tra il 49°e il 50° parallelo (un po’ più a nord della zone dello Champagne), e nelle 5 aree vitivinicole codificate viene prevalentemente coltivata la vitis vinifera, con prevalenza di pinot grigio, chardonnay, pinot nero e merlot. Anche qui la conoscenza è rimasta solo teorica, visto che il solo vino che ho potuto degustare è stato un (interessante) pinot bianco.

Il Québec

quebec

La zona di produzione vitivinicola del Québec è relativamente limitata ed è compresa tra i circa 250 chilometri che separano Montréal da Québec City. La latitudine è all’incirca la stessa della Borgogna, ma i risultati sono molto differenti. Un viaggio in Québec rappresenta un’occasione forse unica per assaggiare vini prodotti da varietà ibride, quelle che si studiano sui libri ma che raramente si degustano. Qui ci si può sbizzarrire tra Vidal, Frontenac, Seyval Blanc, Vandal-Cliche, Éona, Sainte-Croix, Marquette, Marechal Foch, Mitchurinez… Gli assaggi non sono stati moltissimi, ma sufficienti per capire che con gli ibridi si va poco lontano, fatta eccezione per il Vidal, che offre interessanti interpretazioni in alcuni icewine. Per il resto, mi sono quasi sempre trovato davanti a vini dal naso quasi selvatico e pungente, privi di finezza e di complessità, caratterizzati da una elevata acidità e da una mancanza di persistenza.

Qualche eccezione però c’è stata. Come il brut metodo classico (seyval blanc 80%, vidal 20%) di L’Orpailleur, 30 mesi sui lieviti e sboccatura à la volée per uno spumante semplice di fiori, agrumi e ortica, ma perfetto come aperitivo e da provare sulle ostriche del New Brunswick. Interessante anche il Riesling (ho assaggiato il 2011) del Domaine Côtes d’Ardoise, da vigne di 20 anni e caratterizzato da un naso elegantemente minerale e capace di accompagnare perfettamente una cena vietnamita.

L’Ontario

Le cose cambiano decisamente e si fanno molto più interessanti in Ontario, specialmente nella penisola del Niagara, zona che è sempre stata coltivata e rinomata per una produzione ortofrutticola abbondante e di qualità.

Siamo a cavallo del 43° parallelo (come Montalcino) e anche se le temperature sono decisamente più fredde rispetto all’Europa, il particolare microclima e la presenza dei grandi laghi – che contribuiscono a rendere meno rigide le temperature invernali e rinfrescano le calde estati – permettono di ottenere ottimi risultati, specialmente con riesling, chardonnay, pinot nero e cabernet franc.

E poi c’è il Niagara Escarpment. Riconosciuto dall’UNESCO come riserva mondiale della biosfera, si tratta di una scarpata che nei punti più alti raggiunge i 177 metri di altitudine e che corre tra Stati Uniti e Canada in direzione est-ovest, attraversando lo Stato di New York, l’Ontario, Il Michigan, il Wisconsin e l’Illinois. Si tratta della stessa scarpata che genera le cascate del Niagara, e che svolge un ruolo fondamentale per il microclima della zona. Essa funge non solo da riparo contro le correnti fredde, ma intercetta i flussi d’aria temperata provenienti dal lago Ontario, sospingendoli indietro e contribuendo a rendere il clima decisamente temperato e adatto alla coltivazione della vite, evitando anche il rischio di gelate durante il ciclo vegetativo. Il terreno presenta numerosi stratificazioni, ben visibili lungo l’Escarpment. Su una base di arenaria si innestano strati calcareo argillosi e depositi sabbiosi, mentre la scarpata presenta anche strati granito dolomitico e scisti.

All’interno della Penisola possiamo identificare due macrozone: quella che fa capo alla cittadina di Niagara-on-the-Lake, con i vigneti posti nella zona completamente pianeggiante e immediatamente adiacente le rive del lago Ontario, e quella più a ridosso dell’Escarpment, che ha nella città di Saint Catharines e nel villaggio di Jordan i suoi fulcri: qui i vigneti si trovano sui dolci pendii che dalla scarpata digradano verso il lago.

Due VQA regionali – Niagara Escarpment e Niagara-on-the-Lake – e 10 sottozone identificate della VQA, 5 (Creek Shores, Lincoln Lakeshore, Four Mile Creek, Niagara Lakeshore, Niagara River) si riferiscono a vigneti situati in prossimità del lago, mentre le altre 5 (Vinemount Ridge, Beamsville Bench, Short Hills Bench, Twenty Mile Bench, St. David’s Bench) comprendono le vigne a ridosso dell’Escarpment.

Lasciatevi alle spalle l’incredibile spettacolo naturale delle Cascate del Niagara – The Falls, come le chiamano qui, e l’uso dell’articolo determinativo rende da solo l’idea della loro unicità e grandiosità – e inoltratevi alla scoperta della Penisola. Le strade sono due: la Queen Elizabeth Way, la freeway che qui tutti chiamano QEW e che conduce verso l’Escarpment, o la spettacolare Niagara Parkway che, costeggiando il fiume tra gli immancabili aceri e vedute mozzafiato, dalle Cascate porta a Niagara-on-the-Lake.

 

Le degustazioni

In due giorni ho visitato 7 aziende e degustato oltre 60 vini. Di seguito un riassunto di quello che ho visto e assaggiato.

 

CAVE SPRING

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Fondata nel 1973 dalla famiglia Pennachetti – le origini sono marchigiane – l’azienda prende il nome dalle numerose sorgenti che costellano la parte di Escarpment sotto cui si trovano le vigne (la VQA è Beamsville Bench). Siamo a Jordan, sulla via principale del piccolo paesino, dove l’azienda ha anche un ristorante e un hotel. La produzione si estende su 56 ettari ed è fortemente orientata verso i vini bianchi, che rappresentano l’80% del vino imbottigliato. Il riesling è l’indiscusso protagonista dell’azienda, non solo perché da solo rappresenta il 55% della produzione. Utilizzando cloni provenienti dalla Mosella, i Pennachetti lo declinano in varie versioni, dalle più semplici alle più sofisticate, sino ad arrivare al CSV, che rappresenta il loro prodotto di punta. Quasi tutti presentano un leggero residuo zuccherino, tutti giocano sulla verticalità, con mineralità e sapidità a segnare il naso e il sorso. Il Riesling CSV Estate Bottled 2010 (VQA Beamsville Bench) degustato in cantina era elegante, minerale e affumicato, con rimandi ad agrumi e frutta croccante e una bocca fresca, sapida e lunga. Ho poi avuto occasione di bere a cena l’annata 2006, a cui gli anni in bottiglia hanno regalato ancora maggior finezza ma non hanno tolto nulla a un’acidità ancora sferzante. Oltre ai riesling la proposta Cave Spring prevede degli interessanti chardonnay, anche in versione spumante. Lo Chardonnay CSV Estate Bottled 2010 (VQA Beamsville Bench) era minerale ed elegante di fiori e frutta, con una bellissima freschezza a supporto di una struttura che lo rendeva quasi masticabile. Tra i rossi spiccano pinot noir e cabernet franc. Il Pinot Noir Estate Bottled 2009 (VQA Beamsville Bench) è un gran bel vino, tipico e con piacevoli note salmastre, mentre il Cabernet Franc Dolomite 2001 (VQA Niagara Escarpment) è tenue, minerale e piacevolmente fruttato al naso, mentre il sorso è elegante e fresco. Dei due vini dolci che ho degustato, più che l’icewine mi ha colpito il Riesling Indian Summer 2010 (VQA Niagara Peninsula), una vendemmia tardiva – l’uva viene raccolta a dicembre con temperature di -5/-6°C – che offre una bella progressione, con pungenze minerali e tanta frutta secca e candita, mentre in bocca è fresco, sapido e di buona struttura.

 

FLAT ROCK

Sicuramente l’azienda più pop del lotto, e non solo per il fatto di utilizzare esclusivamente tappi a vite per sigillare l’intera produzione. Siamo sempre a Jordan, sulla Wine Route, e il colpo d’occhi appena lasciata l’auto nel parcheggio è sorprendente, sia per l’architettura esagonale della cantina, sia per la distesa di vigneti che la circonda. Fondata nel 1999, Flat Rock punta molto sull’attenzione in vigna e in cantina, non rinunciando a porre attenzione alla sostenibilità ambientale, adottando ad esempio il sistema di caduta per gravità per tutte le operazioni di cantina. Se sala degustazione ed etichette sono colorate, allegre e scanzonate, i vino sono precisi e concreti. Tra i rossi regna incontrastato il pinot nero: il Gravity 2011 (VQA Twenty Mile Bench) è tenue e speziato, minerale di grafite e fruttato di ciliegia con bocca ancora segnata dal tannino e non troppo lunga. Ma il pinot nero in casa Flat Rock viene vinificato anche in bianco, con fermentazione in barrique stile chardonnay. Ne esce un vino – il Rogue 2011 (VQA Twenty Mile Bench) – fresco e piacevole, fruttato e sapido. Lo chardonnay è offerto in svariate interpretazioni, dal divertente Good Kharma 2010, polposo, ricco, gustoso e lunghissimo allo Chardonnay 2009 che dopo un esordio vegetale si distende su note di pasticceria, erbe aromatiche (rosmarino e salvia) e minerali, mentre al sorso è buono e molto sapido, con bella acidità e buona persistenza. Interessante e originale il Riesling Nadja’s Vineyard 2012 (VQA Twenty Mile Bench) dove al naso note di limone e pompelmo giocano con la pietra focaia e gli idrocarburi mentre la bocca è fresca, gustosa e salata.

 

MALIVOIRE

Dopo 30 anni di carriera a Hollywood come responsabile di effetti speciali, Martin Malivoire decide di dedicarsi al vino e nel 1995 acquista una vigna in Ontario dove pianta pinot grigio, chardonnay, gewürztraminer, gamay e pinot nero. Sono passati quasi 20 anni e gli ettari di proprietà sono diventati 40, nelle zone di Beamsville Bench, Lincoln Lakeshore, Vinemount Ridge e Twenty Mile Bench. Siamo sempre sulla Wine Route, ma nel paesino di Lincoln, sempre addossati all’Escarpment. Anche in casa Malivoire si presta grande attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Curiosa la sala degustazione, con vista sui tini di vinificazione. Malivoire vuol dire essenzialmente chardonnay, pinot nero e gamay, che qui regala ottimi e sorprendenti risultati. Tra i bianchi ci è piaciuto il Moira Chardonnay 2010 (VQA Beamsville Bench), elegante di agrumi, note minerali, pan di Spagna e dal sorso lungo e tosto in cui tornano le note minerali. Interessante anche il Pinot Gris 2012 (VQA Beamsville Bench) dove il naso è dominato da un netto sentore di pera e da una nota affumicata, mentre in bocca è fresco e soprattutto sapido, con bei ritorni gusto-olfattivi, specialmente per quanto concerne la parte minerale. Buoni, come detto prima, i due gamay: il Small Lot Gamay 2012 (VQA Beamsville Bench) è fresco di fiori e di frutta, per proseguire poi speziato; in bocca è tannico, gustoso, preciso e dalla discreta lunghezza. Il Courtney Gamay 2011 (VQA Beamsville Bench) deve smaltire ancora un po’ il legno ed è speziato e minerale, con piacevoli rimandi a confettura di piccoli frutti rossi, pepe, zenzero. Ha buona persistenza e sapidità e un finale leggermente amarognolo. Anche i pinot nero non scherzano: tra i tre degustati mi ha impressionato il M² Small Lot Pinot Noir 2009 (VQA Beamsville Bench), un po’ lento nell’aprirsi ma poi elegante e prodigo di sensazioni fruttate e speziate, con precisi richiami a tè e rabarbaro e un sorso lungo, sapido e gustoso.

 

TAWSE WINERY

Proclamata “Canadian Winery of the Year” per tre anni consecutivi, la Tawse conferma la bontà e la validità dei numerosi premi ricevuti. 6 vigneti differenti sparsi sotto l’Escarpment e una gamma ricca di proposte, ma soprattutto una conversione al biologico e per alcuni prodotti al biodinamico. Questo lo scopro però dopo la degustazione: pur non avendo alcun pregiudizio verso qualsiasi tipo di gestione di vigna e cantina, il non sapere nulla mi aiuta a tenere la mente ancora più libera e sgombra da pregiudizi. Molto interessante il 2010 Spark Blanc de Blancs (VQA Twenty Mile Bench), 24 mesi sui lieviti per un metodo classico fruttatissimo, dalla discreta lunghezza e senza l’aggiunta di liqueur d’expédition. Lo chardonnay è anche declinato in versione classica. Il Tawse Estate Chardonnay 2010 (VQA Niagara Peninsula) è fine ed elegante: un residuo di vaniglia introduce spezie e frutta esotica e il sorso è grasso, ricco e lungo. Anche qui il riesling è di casa, e il Limestone Ridge Riesling 2012 (VQA Twenty Mile Bench) presenta un naso quasi aromatico e frutta bianca matura, mentre in bocca si avverte subito il residuo zuccherino che lentamente cede la scena all’acidità. Il Cherry Avenue Estate Pinot Noir 2010 (VQA Twenty Mile Bench) è certificato biodinamico e presenta un naso intenso e sfaccettato e in bocca si rivela ricco ed equilibrato. Sontuoso il Van Bers Vineyard Cabernet Franc 2009 (VQA Creek Shores) che dopo un esordio polveroso, timido e austero inizia una progressione entusiasmante e regala una bocca elegante, di buona persistenza e contraddistinta un bellissimo tannino.

 

INNISKILLIN

inniskillin

Non ha certo bisogno di presentazioni il nome più conosciuto dell’enologia canadese, legato a filo doppio all’icewine. L’aziende venne fondata nel 1974 all’estrema periferia di Niagara-on-the-Lake da Donald Ziraldo e Karl Kaiser, tra i primi a credere nella potenzialità della vitis vinifera nella zona del Niagara. Al 1984 risale la prima vendemmia di un icewine, ottenuto da uve vidal e subito premiato con numerosi riconoscimenti. Sotto la guida dell’enologo Bruce Nicholson (che ha avuto il tempo e la cortesia di dedicarmi alcuni minuti per una piacevole chiacchierata, ed eravamo in piena vendemmia!) Inniskillin continua la sua corsa, restando un riferimento specialmente per i vini dolci. Tra i vini non dolci spicca il Reserve Chardonnay 2012 (VQA Four Mile Creek), ottenuto vinificando le uve di un solo vigneto: subito chiuso, poi minerale e fruttato, ricorda uno Chablis, lungo in bocca e con una bella sapidità. Poi tocca agli icewine, serviti nel calice che Riedel ha concepito appositamente collaborando con l’azienda. Il Riesling Icewine 2012 (VQA Niagara Peninsula) è ricco di spezie, miele e frutta (pesca albicocca) e ha freschezza e soprattutto tanta sapidità a bilanciare la dolcezza. Il Vidal Icewine 2011 (VQA Niagara Peninsula) ha un naso quasi sontuoso (anche se non mancano le note selvatiche date dal vitigno) e una bocca meno saettante rispetto al riesling. Un po’ meno interessante il Cabernet Franc Icewine 2012 (VQA Niagara Peninsula) caratterizzato da un’esuberanza di piccoli frutti rossi. Ho poi degustato uno Sparkling Icewine, sempre a base cabernet franc e prodotto utilizzando il metodo charmat: un bell’esercizio di stile che personalmente però non mi convince.

 

SOUTHBROOK

Se ho scoperto in loco l’approccio bio di Tawse, avevo invece scelto di visitare Southbrook proprio perché conoscevo la loro vocazione alla biodinamica. L’azienda nasce nel 1991, su di un terreno che già nel 1860 era dedicato alla produzione di frutta e verdura. Siamo sempre a Niagara-on-the-Lake, e tutti i 25 ettari dedicati a vigneto – il colpo d’occhio della zona che circonda la cantina è notevole – sono certificati biologici e biodinamici. Purtroppo (gioie e dolori delle email che non arrivano o vengono lette troppo tardi) la degustazione non è stata approfondita, e ho dovuto accontentarmi di un approccio veloce ai vini dell’azienda. Ho comunque avuto l’opportunità di fare una mini verticale del loro Poetica Chardonnay, degustando l’annata 2010 (VQA Niagara Peninsula) dove alle note tostate succedevano della bella frutta esotica e un’ampia mineralità, per arrivara a una bocca saporita ed elegante, contraddistinta da un finale balsamico. Il 2005 (VQA Niagara-on-the-Lake) presentava una leggera ossidazione (ma la bottiglia dava l’impressione di essere già stata aperta da un pezzo) e poi note di frutta secca, erbe medicinali, Cognac, mentre il sorso era ancora fresco e minerale, con ottima ricchezza e persistenza. Se non mi ha entusiasmato il Triomphe Cabernet Franc 2010 (VQA Niagara-on-the-Lake), non pulito al naso anche se vibrante e ricco al gusto, le cose sono andate meglio con il (nome complicatissimo!) Whimsy! Renewed Vows Cabernet Franc 2009 (VQA Niagara-on-the-Lake) che a note di frutta scura somma cenni affumicati e balsamici, con un palato caratterizzato da tannino e ottima lunghezza.

 

STRATUS

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Siamo ancora a Niagara-on-the-Lake. 25 ettari, 11 varietà di uve a bacca rossa e 7 a bacca bianca coltivate. Ventilatori che dominano l’estensione dei vigneti (per evitare che con le basse temperature le gemme gelino), una cantina moderna e razionale. Ma anche tanti sorrisi, tanta anima e un’enorme professionalità, anche nell’accogliere i visitatori. L’enologo francese Jean-Laurent Groux – nato in Loira e formatosi in Borgogna e a Bordeaux – ha le idee charissime, che si rispecchiano nei vini degustati, tutti precisi e dalla spiccata personalità (oltre che molto, molto buoni). Lo Stratus White 2009 (VQA Niagara-on-the-Lake) esordisce minerale, fruttato di albicocca, litchi e mela, floreale di zagara, complesso di miele e spezie, mentre in bocca progredisce senza tentennamenti, con una massa imponente ben sorretta da freschezza e sapidità. Un vino notevole, frutto di un blend di sémillon (33%), sauvignon blanc (30%), chardonnay (18%), viognier (16%, ecco l’albicocca), gewürztraminer (3%). Lo Stratus Red 2009 (VQA Niagara-on-the-Lake, cabernet franc 42%, cabernet sauvignon 22%, syrah 18%, petit verdot 13%, tannat 5%) regala subito tanta frutta per poi virare sulle spezie con qualche cenno vegetale. Acidità e sapidità ben bilanciano una struttura importante ma sempre elegante, con ottimi ritorni gusto olfattivi. Il Cabernet Franc 2009 (VQA Niagara-on-the-Lake) ha un naso dolce e intenso e bocca ricca anche e segnata da un tannino ancora un po’ ruvido. Il Syrah 2010 (VQA Niagara-on-the-Lake) è il meno territoriale e tipico di tutti, gustoso e con tannino già svolto. L’Icewine Red 2012 (VQA Niagara-on-the-Lake, cabernet sauvignon, mourvédre e syrah) ricco e con un intrigante profumo di zenzero manca forse di un po’ di acidità per sostenere una massa importante e il 14% di alcol.

 

LE CLOS JORDANNE

Non si è trattato di una visita vera e propria, visto che l’azienda (che come si evince dal nome ha sede a Jordan) non ne prevede. L’imbeccata è arrivata da un altro produttore, che tra i tanti preziosi consigli mi ha segnalato e detto dove trovare in degustazione questi vini. Per cui mi sono infilato in una tasting room affollatissima di assetati enoturisti puntando direttamente alle due etichette che mi interessavano e lasciando perdere tutte le (commercialissime) altre. L’azienda è frutto di una collaborazione tra Constellation Brands Canada e l’azienda francese Boisset, così come si ispira alla Francia (leggi Borgogna) il loro stile. Quindi solo chardonnay e pinot nero. Il Village Reserve Chardonnay 2009 (VQA Niagara Peninsula) ha un’indubbia personalità: è minerale di pietra focaia e ricco di frutta esotica, mentre l’assaggio è sapido, ricco e lungo. Il Village Reserve Pinot Noir 2009 (VQA Niagara Peninsula) è tipico, con note di carruba e mallo di noce e una bocca caratterizzata da un buon tannino (anche se un po’ atipico), bella acidità, lunghezza e ricchezza.

di Mario Bevione

 

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